Forse non essenzialmente io, ma io

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Bologna (itinerante), Bo, Italy
Nato a Taranto il 6 maggio nel segno del Toro. Il Giallo del collettivo Shingo Tamai, cialtrone poliedrico, dilettante eclettico, onnivoro relazionale, sempre in cerca di piaceri, di vezzi, di spunti e di guerre perse in partenza. L'idea di comparire in questi termini sulla rete è nata da un brainstorming con un amico, Leonardo Chiantini, qualunque fortuna possa avere il suo primo "quaderno di appunti" virtuale, è a lui che vanno i suoi ringraziamenti.
Benvenuti e buona lettura.
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sabato 1 ottobre 2011

Incontro con l'autore - Martín Caparrós (28 Settembre 2011)


Dalla caduta del Muro la destra si è impossessata della parola cambiamento, per sua natura parte del patrimonio culturale di sinistra. Tuttavia la destra non se ne usa, anzi semmai la tiene in ostaggio. Ecco per gli ecololò il cambiamento è un veleno, specialmente se climatico
Martìn Caparròs

Prima settimana libera e via, ritorno pimpante, disponibile e interessato alla città bolognese e alle sue attrattive culturali (benché mi sia durata poco visto che nel fine settimana poi mi son sparato a Milano-Como, ma c'erano i Marta e non ho saputo resistere), così prima tappa di fine settembre zompo alla Modo e vado a sentire che hanno da raccontare. E loro che fanno? Tac! Mi fanno incontrare, grazie ai geniacci della VerdeNero edizioni (che mi stanno sempre più simpatici e che mi hanno pure invitato, nella figura di Michele Monesi, tramite Facebook all'evento) Martìn Caparròs giornalista e narratore argentino impegnato nel suo tour di promozione della sua ultima fatica "Non è un cambio di stagione" edito dalla VerdeNero (appunto), casa editrice che ha fatto della parola eco la sua sigla.
Io arrivo, mi siedo e conosco il sosia di mio suocero con tanto di baffi spioventi, solo che è argentino, si interessa ai problemi della fame del mondo ed è il padre del giornalismo narrativo.

Non è un cambio di stagione, che non si può identificare con il genere saggistico per svariate ragioni, tra cui la scelta narrativa che è quella del racconto, è lo scritto di un viaggio compiuto da Caparròs stesso attraverso realtà molteplici, un modo per porre l'accento su chi è destinato, dagli interessi del mondo occidentale, al silenzio. Il libro nasce da una domanda: “perché porsi con attenzione al problema del riscaldamento globale quando non è il più importante dei problemi?” e attraverso questa domanda, cui la risposta dell'autore non tarda ad arrivare, s'inscena con una leggerezza quasi dissonante rispetto all’importanza della struttura generale, ma nient'affatto da confondere con l'aggettivo grossolano, il reportage di interviste, di riflessioni, di fotografie scrittorie di un viaggio che a tratti sembra ai confini della realtà. 
Quella del libro è la stessa aria che si è respirata nella stanza mansardata della libreria Modo. Ricca dello stesso attrito coinvolgente. Nelle letture, nelle parole che descrivevano genesi e struttura del libro e nelle riflessioni dell’autore sugli atteggiamenti del mondo occidentale nei confronti dell’ecologia, strumento spesso abusato solo per poter sviluppare una forma di conservatorismo avente lo scopo di mantenere un inflessibile status quo, ho ripensato a un vecchissimo monologo che vedeva protagonista uno dei miei preferiti comici americani, George Carlin, alle prese con il medesimo argomento.


L’atteggiamento del libro sarà senza dubbio fonte di infinite e accese discussioni, ma ciò che mi pare davvero interessante è il suo porsi continuamente domande. Nella prosa di Caparròs, come nel suo eloquio (brillantemente altalenato tra argentino e italiano, e coadiuvato dall’abile traduttrice dell’incontro che ringrazio per la guida offerta alla mia ignoranza!) non ci sono certezze dogmatiche, bensì riflessioni sull’utilità che il mondo occidentale (soprattutto nella figura alla ricerca di pubblicità degli ecololò), ricava seguendo determinati bisogni e movimenti culturali.
E quando afferma che tutto sommato l’Ecologia è solo un modo per somministrare la paura suscitata dal tema apocalittico a piccole quotidiane dosi, quando sostiene che il mondo occidentale sembra soffermare la sua propria attenzione sull’urgenza del cambiamento climatico, senza riflettere sulle difficoltà di vita in cui questo obbligo costringe un numero così esteso di essere umani, quando sottolinea come il metodo scientifico venga soppiantato abbastanza sistematicamente in questo contesto da un metodo democratico-statistico, che per sua stessa natura si allontana da un approccio critico, non si può fare a meno di riflettere, né di dubitare, che tutto sommato in troppi casi l’ecologia sembra più vicina a una sorta di neo-capitalismo, che a una panacea o a una salvezza reale.
Uno status quo vantaggioso, ma ancora una volta per gli stessi di sempre.
A presto e buona lettura!

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