Forse non essenzialmente io, ma io

La mia foto
Bologna (itinerante), Bo, Italy
Nato a Taranto il 6 maggio nel segno del Toro. Il Giallo del collettivo Shingo Tamai, cialtrone poliedrico, dilettante eclettico, onnivoro relazionale, sempre in cerca di piaceri, di vezzi, di spunti e di guerre perse in partenza. L'idea di comparire in questi termini sulla rete è nata da un brainstorming con un amico, Leonardo Chiantini, qualunque fortuna possa avere il suo primo "quaderno di appunti" virtuale, è a lui che vanno i suoi ringraziamenti.
Benvenuti e buona lettura.
Ps. Aggiungetemi su Facebook e, con lo pseudonimo andrelebrogge, su Twitter

lunedì 31 ottobre 2011

Soundmagazine.it - unòrsominòre. - La vita agra


Partiamo dal titolo, che è tratto da un romanzo di Luciano Bianciardi nel quale si racconta la lenta e inesorabile omologazione di un potenziale rivoluzionario piccolo-borghese. Qui viene a demolirsi il mito del boom economico, riportandolo a un significato più maturo che lo vede come il principio del degrado culturale in cui quotidianamente viviamo.
La Vita Agra, ultima fatica musicale di unòrsominore. (accenti attaccamento e punto inclusi nel nome) pubblicata da Lavorare Stanca, si presenta come una riflessione non disimpegnata, né approssimativa, di questi tempi così montati, altisonanti e falsi.

Questo lavoro richiede un’attenzione all’ascolto davvero capillare. La musicalità è spesso acustica, senza fronzoli, cantautorale alla vecchia maniera, quando bastava una chitarra e un testo che parlasse di vita per fare buona musica.
E lo apprezzerete anche quando il suono (come nei brani Testamento di Giovanni Passannante, Anarchico italiano e Perfetto così) diventa elettrico e quasi psichedelico nella distorsione, come quello che fu dei Lecrivisse, formazione da cui l’autore proviene.

Il tratto dell’album è severo, malinconico e velato da quella mancanza di speranza che fa di questa nostra generazione le vittime circostanziali, i vitelli grassi da sacrificare, dopo averli illusi e pompati.
Non è un disco in cui ricercare la spensieratezza del passatempo, per me ad esempio è stata come una chiacchierata con un amico disilluso appena conosciuto. Va quindi considerato a tutti gli effetti un mondo in avvicinamento, che potrebbe in qualche modo non darvi forse un punto di vista differente dal vostro, ma piuttosto le parole giuste con cui parlarne, un’osservazione in più per riflettere al buio immersi nel silenzio della propria coscienza, quando si percepisce davvero che “un apostrofo non è un accento mai”.


Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!

sabato 29 ottobre 2011

Selacapo.net - R.E.M. Platinum very gold frizzy immortal super ultra official collection

Il titolo di questo post è un piccolo tributo personale a Ratman, il cui papà, Ortolani, già che mi trovo vi spammo sul mio stesso articolo come se fossi un passante casuale, ha appena finito di scrivere un libro, ma adesso sciò e andate a giocare e cercare informazioni da un’altra parte che mo’ ve lo buco ‘sto pallone [cit.].


Ma torniamo seri.
Nemmeno cento giorni fa potevamo leggere dovunque: “I R.E.M. si sciolgono” “Ultimi giorni per salutare la band” "La fine dei R.E.M.” e bla bla bla… Oggi mi metto a passeggiare per la rete e TADAAANNNN che ti trovo? Eccola qua l’edizione definitiva di tutti i tempi, quella che farà cambiare i gusti musicali persino di zia Rosina ...
... continua qui 
Buona lettura!


giovedì 27 ottobre 2011

Incontro con l'autore - Leo Ortolani (25 ottobre 2011)


… ma anche voi, ditelo alle persone normali
che il libro è anche per loro…
Andrea Plazzi, chiacchiere prima della presentazione

La mia fortuna è che grazie a questo calendario posso tenermi informato settimanalmente di quello che accade a Bologna; ché mai e poi mai, altrimenti, avrei saputo di questo libro e della sua presentazione feltrinelliana (lo ammetto ormai RatMan lo rubo negli avidi attimi che mi concedo nei bagni degli amici, occhio che questa è un’alzata non da poco).

Due figlie e altri animali feroci. Diario di un’adozione internazionale, edito da Sperling & Kupfer è l’ultima fatica di Leo Ortolani papà, tra gli altri spassosi personaggi, dell’UomoRatto più odiato dall’Associazione Siamo Gatti. Ma questa volta, anche se condito da qualche vignetta, è di un libro scritto che stiamo parlando e anche se caratterizzato dalla solita efficace comicità presente nei fumetti, l’argomento risulta essere molto più delicato e profondo: il diventare padre, l’adozione a distanza, le situazioni offerte dall’incontro di due mondi in avvicinamento, in particolare quello di due genitori e quello delle loro due future bambine.
L’apertura, con la sua cordialità spiritosa composta dalle chiacchiere tra Andrea Plazzi (factotum ratmanense e non solo) e una platea di fumettari (ma temo che potrei ricorrere all’uso della parola nerd, senza essere obbligato a scusarmi con nessuno), è stata un'anteprima sia di quel che in questo fine settimana accadrà a Lucca e che io mi perderò (perdonatemi il forse molto personale accostamento), sia anche della storia a lieto fine delineata nel tardo pomeriggio bolognese. Leo Ortolani infatti, intervistato da Andrea Plazzi e Paolo Nori (probabilmente l’ultimo a mancare alla mia personalissima collezione grandi autori emiliani contemporanei… ah no, quasi dimenticavo Tassinari) ha tratteggiato la genesi di un libro estremamente personale, quello che racconta in 190 pagine il modo in cui lui e la moglie Caterina hanno deciso di adottare due bambine colombiane, LucyMarie e Johanna; la strada che hanno percorso per riuscire a raggiungere il tanto atteso finale superando tutte le insidie del caso, e il mese e mezzo che la neonata famiglia ha trascorso in Colombia nel 2010, descritto, quest’ultimo, attraverso le mail inviate ad amici e parenti nei brevi momenti di quiete notturni, vera e propria struttura narrativa di un romanzo che per scelta autoriale risulta leggero e piacevole.



Come lo stesso Nori, che riceveva in anteprima quelle mail essendo tra gli amici destinatari, ha voluto precisare: "... è difficile parlare di queste cose ad alta voce", e prima di far sbellicare la platea con la lettura di una delle parti del libro, ha aggiunto che Due figlie e altri animali feroci non è una parodia, né l’argomento viene messo grossolanamente in burla; è, invece, un diario realistico e veritiero di un papà che conosce le proprie figlie e sceglie, nel compiere il suo viaggio, di fare un investimento emotivo profondo e a tratti delicatamente commovente. 
L’ilarità con cui è profumato il libro, risulta quindi l’arricchimento di una serie di contenuti che hanno caratterizzato un’esperienza complessa e nondimeno bellissima, una piccola epopea che nella sua semplice quotidianità ha lasciato negli astanti feltrinelliani sorrisi distesi e osservando quella scelta, da cui il romanzo trae origine, si potrebbe dire che in fondo accade più spesso di quanto si pensi di flettere i muscoli ed essere nel vuoto, pur prendendola a ridere.
Buona lettura!

martedì 25 ottobre 2011

Frivolezza del giorno - Fanfullata di Costantino


"Davvero mi dispiace non so perché mi comporto così... Ma vi ho già raccontato di quella volta in cui gli ho fatto perdere il lavoro solo per divertimento, che ridere HAHAHAHA ..."

Sergio Marchionne - dirigente d'azienda durante una riunione dei vertici Fiat in presenza del sindacato

sabato 22 ottobre 2011

Elisabeth Cutler live (20 ottobre 2011)

Non ero partito con l'idea di recensire questa serata, e non perché fossi prevenuto, o per qualche motivo specifico, ma semplicemente perché l'avevo presa più tranquillamente, un'uscita senza velleità particolari, solo una passeggiata a bere una cosetta e ascoltare un po' di musica dal vivo, che non fa mai male. Così raccogliendo l'invito degli amici de La Fabbrica di andare vedere e sentire il live della cantante americana Elizabeth Cutler, accompagnata in questo suo tour dal batterista e percussionista Massimiliano di Loreto, son arrivato al Rifugio del Neurone e ho scoperto il suo magnifico ambientino "nascosto" al piano sotterraneo. 
Ecco, questo è stato il primo motivo che mi ha fatto venir voglia di scrivere. Quando poi di Loreto e la Cutler hanno iniziato la loro performance, è arrivato il fatidico colpo di grazia che ha messo in piazza le mie velleità. Niente più vacanza, scrivete schiave. Scusate, ho delle mani riottose e pigre. Ma torniamo a noi.

Bella e intima. Con queste due parole potrei riassumere l'intera situazione creatasi tra le quattro mura del localino di S.Isaia, che ospitava come sovrappiù anche la mostra fotografica Indieground (una passeggiata di quindici scatti nel mondo indipendente italiano) di Roberto Ricciuti. Ma poi non mi soffermerei a descrivere l'incantevole voce della Cutler, calda e leziosamente avvolgente, del resto non a caso visto che questo quinto disco, prodotto da Filippo De Laura, s'intitola Slow release e parla con una voce tutta femminile dell'amore e delle relazioni amorose. Né mi potrei soffermare, se scegliessi l'efficace brevità dei due aggettivi, sulla creatività ritmica del di Loreto, che con spazzole e bacchette, incanta, esalta e diverte, tanto che mentre lo vedo rimpiango di non aver mai imparato a suonare la batteria o almeno un bongo.
Che poi e apro una piccola parentesi, chi è dietro alle casse e ai piatti, è sempre un po' defilato rispetto agli altri musicisti e alla fine non essendo in prima linea sul palco è sempre difficile poter godere visivamente della sua abilità. In questo contesto invece l'essere solo in due, Cutler voce e chitarra (ora elettrica ora acustica) e di Loreto percussioni, ha creato una miscela decisamente piacevole per le orecchie e per gli occhi.

  
Dopo un'ora e mezza d'intensa immersione nel mondo musicale della Cutler, mi è sembrato di trovarmi nella colonna sonora di una puntata di Ally McBeal, pensiero improvviso quanto buffo, ma credo che il motivo sia legato da un lato al contesto offerto dal locale con quel suo tappeto centrale circondato da tutti quei pouffes (o puff), dall'altro all'alternarsi di una musicalità blues a quella di un folk appena più movimentato, che insieme han reso tutto soffice, piacevole, accogliente e malinconico come solo le relazioni amorose sanno essere.
Un serata live dai tratti sentimentali evidenti, che non ha mancato di abbracciare come avrebbe fatto un maglione di lana in inverno. 
Bella. Intima.
A presto e buon ascolto!

Ps. Ringrazio i ragazzi de La Fabbrica, che si son resi disponibili a farmi conoscere persino gli artisti con cui infine son riuscito a scambiare anche qualche chiacchiera.
Pps. Quindi un ringraziamento speciale a Nicoletta "Nika" Antonini per il contributo video e per quello fotografico (che potete continuare a guardare qui e qui), senza il quale non avrei posseduto alcuna istantanea di questa deliziosa serata!

giovedì 20 ottobre 2011

Frivolezza del giorno - Censimento... all'italiana

Lo so che tutti voi vi starete chiedendo, "mbè questo che c'entra co' Lettere e Giorni?"
E che c'entrerà secondo voi? Niente e non sono nemmeno io l'autore.
Però era davvero troppo esilarante e volevo lasciarne una traccia, soprattutto visto che questo Censimento è la cosa più odiata delle ultime settimane, dopo il temporale di oggi, credo.
Eccovi quindi il Modulo come lo avete sempre sognato!
Buona risata e buona lettura.
 

mercoledì 19 ottobre 2011

First stop Bulagna


Luca Salce - Bologna Cochran

"Vigna, nel mio cortil nereggia un fico
l'albero sarto del gran padre Adamo.
Io pranzo all'ombra de' suoi rami e dico:
- Vecchia Bologna, t'amo!"
Olindo Guerrini - Memorie bolognesi

L’altro giorno mentre rispondevo al commento su un post fattomi da Brina, un’amica ritrovata, mi è venuto in mente che non stavo quasi ricordandomi più quando fossi arrivato a Bologna, cioè da quanto tempo avessi aperto questa nuova parentesi.

In realtà per scoprirlo, avrei potuto usare un metodo infallibile, cioè spulciare Facebook, ma un po’ per amore della ricerca come unione di più dati e quindi del procedimento deduttivo, un po’ perché se mi fossi messo su Facebook a cercare avrei potuto impiegare più tempo di quanto mi ci vorrà per la pensione, ho chiamato in causa un paio di persone che avrebbero potuto essere davvero informate sui fatti, a cui ho poi aggiunto ogni possibile dato: mail, appunti, recensioni scritte.
Alla fine dell’intera quanto breve indagine son arrivato alla soluzione.
Oggi 19 ottobre, che l’anno scorso è caduto di martedì, ma poi si è pulito e disinfettato (non sto sentendo il tutumchà del tamburo, perché?), si chiude il primo anno che sono qui a Bologna, la Grassa, la Dotta, la Rossa.

Non ricordo se ho già scritto altrove questa cosa (ah sì, qui), però se dovessi dividere la mia vita, lo farei parlando delle case/camere in cui ho vissuto, un modo decisamente personale in cui suddividere il proprio senso della vita. Penso anche che questo post sarà funambolicamente a metà tra il sentimentale e l’ironico, quindi amatemi e poi odiatemi e poi amatemi e poi odiatemi e poi apprezzatemi [cit.].

Comunque Bologna è davvero una città perfetta per chi cerca una dimensione più artistica, anzi mi hanno detto che dieci anni fa era ancora meglio, c’era anche più droga.
Ma la cosa più bella è il modo creativo con cui ti costringe a ingegnarti. Ad esempio io sono talmente in merda che per onorare il motto: “la necessità aguzza l’ingegno”, ho escogitato un modo per poter campare in città senza dover spendere soldi per l’affitto, certo è un po’ scomodo e obbliga ad avere un bagaglio piuttosto drastico, ma risulta funzionale. Con il giusto numero di cartoni e coperte infatti si può dormire anche dignitosamente al freddo e al gelo e i portici riparano anche dalla pioggia; per l’igiene basta invece iscriversi in palestra, non solo aiuta nella costruzione di un corpo solido atto a proteggersi di notte dai malintenzionati, che mia nonna diceva sempre stai attento quando uno sconosciuto ti si avvicina e cambia strada, questo prima che il medico accertasse la sua gravissima forma di schizofrenia; dicevo, quindi oltre a guadagnarci in robustezza, può diventare anche un posto dove potersi lavare e toelettare per bene (doccia calda inclusa) per la modica cifra di 50 euri (ma se non posson trovare di più a buon mercato).
No dai, amenità a parte il luogo è ganzo e c’è sempre qualcosa da fare, tipo percorrere in bicicletta dieci km al giorno tra andare e tornare dal posto in cui lavori, ma ho visto di peggio, finora i 90 minuti di treno regionale della tratta Legnano-Milano, con la media di una persona ogni tre giorni che piombava a terra folgorata da un attacco epilettico, sono impareggiabili.
A parte il lato artistico un’altra cosa che mi piace di Bologna è la gente molto aperta. Ma anche in questo caso al cospetto dei milanesi anche gli erotomani eterosessuali dell’isola penitenziaria SenzaFica son più affabili.

Grazie per l’accoglienza Bologna, per le tue tre camere in un anno, per i tuoi compagni di casa, per i tuoi soldi (pochi), per le conoscenze (tante), per tutte quelle piccole cose vitali che anche mentre annaspo surfando a malapena sul Mar Marron, mi fanno dire “ma come è già passato un anno? Che vuoi farci, il tempo vola quando ci si diverte”.
Fine del primo anno.
Buona lettura.

Ps. Il disegno è di un illustratore che si chiama Luca Salce, qui potrete trovare i suoi lavori o una loro parte. Voglio specificare che sono arrivato al sito/blog attraverso la semplice ricerca googliana Disegni Bologna. Qualora dovesse non essere accolta benevolmente la mia ruberia accetterò mesto (più di Franco Mesto) la rimozione.
Pps. Si dà il caso, tra l’altro, che la vita sia particolarmente goliardica, per cui, Luca, sappi che se sarai nei giorni del 45 giri film festival al CostArena, visto che ho letto che sei tra i partecipanti al contest, lavorando io in quel circolo, potrai cercarmi per pestarmi all’americana. A presto!

lunedì 17 ottobre 2011

Aldous Huxley - Il tempo si deve fermare


Titolo originale: Time must have a stop
Autore: Aldous Leonard Huxley
Anno 1947
Edizione: Oscar Mondadori
Pagine: 300

"Ma il pensiero è lo schiavo della vita
e la vita è il buffone del tempo,
e il tempo, che abbraccia tutto il mondo,
si deve fermare "
William Shakespeare - Enrico IV
 
Aldous Huxley, oltre che essere ricordato per quel distopico libro intitolato Mondo nuovo, per essere stato uno degli insegnanti di Eric Arthur “George Orwell” Blair ed essere considerato dai più il padre spirituale del movimento hippie, fu un fortunoso e mirabile viaggiatore. E proprio questa sua passione lo portò tra il 1923 e il 1930 a fermarsi in Italia, paese che, le sue lettere lo lasciano intendere, amava molto.
Comunque a parte le restanti e numerose produzioni, quando scrisse Il Tempo si deve fermare sicuramente molto di quel viaggio in Italia doveva essergli rimasto. Questo almeno è quanto mi è apparso dalla lettura di questa breve, ma tutt’altro che facile opera dell’autore inglese.
 

Il libro ambienta l’intera vicenda, ad eccezione praticamente dell’epilogo, in Toscana durante il periodo fascista (del resto la Firenze di quegli anni fu una delle tappe del viaggio dell’autore), e attraverso la narrazione di quell'esperienza vissuta dal giovane e poeticamente dotato Sebastian, il protagonista, non solo restituisce i colori, le forme e le relazioni della città del Ponte vecchio, ma soprattutto il suo piglio artistico.
La scelta del come, è però ancora più singolare. 
Huxley più che calcare il peso della storia sulle descrizioni e sull'ambiente, è sui personaggi nelle loro introspezioni e nei loro intrecci relazionali, che ferma l’attenzione sua e del lettore. Sono infatti i dialoghi e le prospettive a diventare il vero nucleo del libro, e l’occhio del racconto, senza servirsi dell’escamotage dell’Io narrante, finisce per corrispondere anche all’occhio del personaggio, tanto che alcune parti vengono descritte cambiando il punto di vista durante la narrazione stessa, delineando così uno stesso attimo osservato da due personaggi distinti.

La percezione del reale, il misticismo filosofico, le arti umane e l’umanità, intesa quest’ultima come la somma degli scambi relazionali e le velleitarie digressioni delle proprie meschinità, sono un tutt’uno che, sapientemente miscelato da Huxley, si esprime spontaneamente per tutta la struttura. I personaggi sono tutto, e Sebastian è l’espressione per eccellenza di questa quadratura dell’intreccio.
Il Tempo si deve fermare è un libro degustativo, difficilissimo e niente affatto leggero. Piacerà anche a molti di voi, ma va da sé che non di modestia dovrete dotarvi per leggerlo.
Buona lettura.

domenica 16 ottobre 2011

venerdì 14 ottobre 2011

Incontro con l'autore - Massimo Vitali (13 Ottobre 2011)

Quando ho saputo della presentazione di Se son rose edito da Fernandel, ho pensato che davvero non potevo mancare, anche perché avrei potuto considerare l'incontro una scusa in più per evitare di dover pedalare senza poter godere di alcuna fermata per tutti e cinque i km che mi separano dal lavoro. E poi diciamocelo, dopo aver letto la quarta di copertina del libro, volevo conoscere Massimo Vitali, l'autore.

Quando poi mi sono accomodato nei posti a sedere della galleria adiacente alla Feltrinelli (che avrà sicuramente un nome, ma che io ignoro totalmente) ancora non potevo sapere che due parole mi avrebbero accompagnato per le restanti due ore pomeridiane: esilarante e surreale. E questo avrei dovuto capirlo già da subito, visto il sistemarsi accanto a me di un distinto signore con un visibile occhio nero, che parlando e ridendo da solo, tra le altre cose, mi additava come un Capitano Nemo redivivo (o per i più puntigliosi semplicemente vivo), procurandomi una paresi di ilarità facciale, che ancora adesso se ci penso si ripropone.

Raramente ho potuto ammirare così tanta gente alla presentazione di un libro, che nella fattispecie oltre all'autore vedeva partecipe la musicista Valeria Sturba, e il comico Paolo Maria Veronica, ma probabilmente la cosa più straordinaria è che il tardo pomeriggio dell'incontro, è stata la cornice più coerente per la surrealtà espressa da un libro in cui il protagonista dopo essere stato licenziato ed essere stato lasciato dalla moglie, fa i conti con se stesso e con il resto del mondo in un bagno delle donne di un cinema d'essai, il quale diventa per lui un nuovo posto cui dare il nome di casa. Tutto infatti ha navigato verso lidi umoristicamente esilaranti, i suoni eterei della Sturba (soprattutto quelli prodotti da un aggeggino modulato a mano che si chiama theremin, il quale avallando la mia cialtroneria scopro essere il più antico strumento musicale elettronico), gli scambi divertenti tra Veronica e Vitali, la genesi del libro, partorito in un'intimità aziendale e molto personale dell'autore, e gli stessi interventi del pubblico, sia quando spronati dal comico bolognese, sia quando assolutamente autonomi.
Le letture di alcuni capitoli di questo romanzo breve, che hanno fatto da vero e proprio intermezzo, ne hanno presentato un ritratto creativo fresco, mai volgare, anzi sempre alla ricerca di una risata argentina, burlesca. Il linguaggio, scorrevole (un assaggio potrete peraltro trovarlo qui), tipico dei maestri Achille Campanile e Gianni Rodari, citati dallo stesso autore come modelli da cui partire per ritrovare la piacevolezza della comicità
, è perfettamente bilanciato tra riflessioni esilaranti, dilettevoli descrizioni e dialoghi spassosi.

Se mi fossi perso questa presentazione me ne sarei pentito, ché se è vero che una una risata ci seppellirà, voglio morir ridendo. Nella speranza che siano rose davvero, che se son cachi... 
...va beh, ci siamo capiti.
Buona lettura!

mercoledì 12 ottobre 2011

Shingo Tamai Giallo - Con gli occhi aperti

“Pelle: [pèl-le] s.f.
Rivestimento più esterno del nostro corpo

 e più in generale, di un vertebrato

Alexander Gonzalez Delgado - Senza nome


Anche un filo di luce mi basterebbe per distinguermi in questo specchio.
Detesto gli specchi. Distorcono la realtà. Rendono la nostra naturale asimmetria talmente deforme, da poterla assimilare a quella di un quadro di Picasso e, in questo acuire le imperfezioni perfette che dovrebbero renderci unici, svelano impunemente la nostra natura mostruosa, nascosta sotto i panni che tutti i giorni indossiamo.
Come se fossimo tutti innocenti. Niente di più falso.
Le favole, alla fine, hanno vinto. Nessuno le conosce più, ma tutti sanno raccontarsele.

Eppure, nonostante il mio disprezzo, sono qui ad ammirare le mie nudità. Se il pensiero non fosse così perverso vorrei potermi soddisfare da solo.
Qui.
Ora.

Riempire il mio stesso corpo svuotando il mio godimento ansimante. Sono in uno stato di eccitamento nervoso. Nello specchio le forme dei miei muscoli sono come geometrie scalene, le vene in risalto sono enfie del mio sangue, autostrade sottocutanee. La penombra mi rende come lucido, quasi riflettente. Sono il marmo di un dio greco del Canova.

Se chiudessi gli occhi, immerso in questo silenzio potrei sentire il più perfetto dei muscoli, il mio cuore, pulsare sotto gli strati di peli, pelle, nervi, muscoli, e ossa. È a riposo, pur nel mio stato di eccitamento, è a riposo. Lo sa il mio cervello, lo sanno le mie orecchie, persino i miei tessuti, se potessi trovare un modo per lasciarglielo esprimere, me lo direbbero.


... 
scritto per "Pelle" mostra fotografica di Alexander Gonzalez Delgado.
Buona lettura!

lunedì 10 ottobre 2011

De Leica. Ovvero una risposta personale a tutte le lettere aperte

In questi giorni, tra le altre cose, un concorso che sta impazzando per la rete, ha generato un discreto numero di polemiche e mi piacerebbe spendervi qualche parola, solo per offrire un punto di vista non richiesto.
Vediamo di dare qualche indizio in più, come se non bastasse il titolo:
- E' un concorso fotografico.
- E' sponsorizzato da un pezzo grosso del settore. 
- Si usa il "mi piace" per votare.
- Ed è esattamente quello che state pensando che sia, il concorso LEICA 24x36.
Le polemiche sono varie e non voglio entrare nei particolari di ognuna, cercherò piuttosto di rispondere più in generale a tutte, giusto per non mantenere un mutismo tutto sommato sterile.


E’ vero abbiamo rotto il cazzo, uso il noi perché anche io sono tra quelli che stanno smussando i coglioni altrui, ho infatti la mia ragazza che vi partecipa e pur non condividendo nulla di questo concorso, nemmeno il premio, appoggio lei e i suoi scatti.
Parliamoci chiaro, questo concorso è un insulto a svariate cose: ai fotografi di mestiere; al concetto che c’è dietro la parola concorso e a quello che c’è dietro la parola giuria; al concetto di capacità; giusto per citarne qualcuno e, quello che sto per dire non è un però, è risaputo infatti che tutto quel che viene detto prima di un’avversativa ha lo stesso valore della merda paragonato a ciò che la segue, dico solo che questo accanimento lo trovo legato alla modalità social network, che sta rendendo il tutto più massificante, più che alla situazione in sé.

La Leica infatti non ha inventato nulla. Questo tipo di concorsi c’erano anche prima. Prima erano per mail. Me ne ricordo uno in particolare che mi pare fosse organizzato dalla Heineken (era di certo una birra, non ricordo la marca), era un concorso per grafici creativi, votavi iscrivendoti al sito. Qualche tempo fa, per fare un altro esempio, la Fandango (se non vado errato) ha fatto la stessa cosa scegliendo i finalisti del suo contest letterario, i quali però ottenevano la vittoria, una volta arrivati in finale, a colpi di applausi (erano a Roma e presumo quindi che all'ultimo vero turno saranno arrivati romani o universitari fuori sede stanziati a Roma).
Condivido molto di quello che ho letto in giro (qui ad esempio o anche qui). Davvero, dalla risata amara all’incazzamento acido. Questo quotidiano si burla senza remore di chiunque abbia anche solo un briciolo di sensibilità e talento. 
Penso che la mia ragazza non sia la migliore del concorso, penso sia brava, questo sì, e penso anche che i voti alla fine non basteranno a decretare i migliori, visto che gli eventuali giudici hanno avuto tutto il tempo del mondo per poter scegliere, prima di postare le gallerie di ogni partecipante e quindi prima dei voti, gli eventuali finalisti papabili.
Sarebbe bello poter tornare un momento indietro negli anni quando la selezione era capillare e la partecipazione non così massificata, ma non credo che la cosa rappresenti una vera soluzione, al massimo solo un ridimensionamento del problema; d'altro canto oggi è oggi e attraverso questi mezzi ci tolgono tutto. Il televoto, il culto dell’immagine, la pubblicità stessa mangiano ogni cosa, il significante è diventato tutto in tutte le cose.
Quello che sto per dire è una cosa che io stesso potrei non essere disposto a fare con il mio senso artistico e con l’unica capacità reale che ritengo di avere, la scrittura, MA (e qui è necessario) mi sono rotto il cazzo. 
Mi sono rotto il cazzo io di vedere incapaci ottenere risultati in questo genere di cose, semplicemente perché solo gli incapaci vi partecipano. Questi contest non ci dovrebbero essere, va bene, ma ci sono, e chi ha talento ha il dovere di ficcargliela in culo a tutto questo manipolo di mediocrità soffocante, perché a furia di rifiutar di scendere in lizza contro questo tipo di realtà, che è in grado di organizzare una competizione così ampia solo in quest’unica maniera, ci stanno spazzando via. Tutti.

Quando sarà finito toglierò ogni like, della Leica non mi frega assolutamente nulla, anzi le serberò ancora più disprezzo per avermi costretto a cliccare il bottoncino blu del mi piace facebookiano, fino ad allora considero questo concorso un gioco, nemmeno troppo divertente, ma ormai già che ho cominciato finisco. Se mi fosse toccato di esserne il protagonista (o se avessi trovato una cosa simile nella scrittura) non l’avrei fatto perché sono un cocciuto idiota e sono più il tipo da “fate come dico, non come faccio”. Fortunatamente in questo caso sono solo un supporter e mi illudo che votando vincano i migliori.
A presto, buona lettura.

venerdì 7 ottobre 2011

Soundmagazine.it - Threelakes - Four days ep


Un disco brevissimo come l’emozione di un ricordo che ti sveglia all’improvviso dalla monotonia di una mattina uggiosa. Three Lakes è il personalissimo progetto acustico di Luca Righi (già membro dei Machete e tutt’ora dei Thunder bomber) all’interno del quale fa convogliare le sue esperienze, la sua delicata voce e la sua poetica intimista, mescolandole all’essenzialità e a vere e proprie imboscate elettroniche strumentali della durata di poco più di un lampo.


Four days ep, primo Ep del progetto registrato in presa diretta, senza l’ausilio di amplificatori o effetti, al Dead Keyboard Studio di Luciano Ermondi (già membro dei Tempelhof, che partecipano tra l’altro anche alla realizzazione del disco suonando harmonium, lapsteel, tromba, string machine e percussioni), ricalca fortemente non solo la ricerca dell’minimalità musicale, ma nei sussurri cantati di Righi soprattutto una armoniosa leggerezza malinconica.

Da Gold, meraviglioso inizio, ad Alone in the car, semisilenziosa chiusura, trascorreranno poco più di quindici minuti e sei sole tracce (ascoltabili in streaming qui), ma tutto questo basterà a commuovervi e a sentire quel nodo in gola per qualcosa che avevate creduto di dimenticare...
... e sarà piacevole.
Buon ascolto!

Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l'opportunità!

mercoledì 5 ottobre 2011

La situazione è grave, forse ora anche seria

Quando ci accorgeremo che gridare "basta" è paragonabile a parlare con il muro nella speranza che ci spieghi come risolvere il problema della fame nel mondo, forse allora potremo impedire a chicchessia di spurgare i propri orifizii sul futuro. 
Se chi comanda ascolta senza provar alcun altro rispetto che non quello verso i propri fini, le parole di chi parla cessano di avere alcun valore.
Quando passerà questa norma prima chiuderanno Wikipedia. 
Poi ci chiuderanno tutti.
A Uno a Uno.
Buona lettura.

Cara lettrice, caro lettore,
in queste ore Wikipedia in lingua italiana rischia di non poter più continuare a fornire quel servizio che nel corso degli anni ti è stato utile e che adesso, come al solito, stavi cercando. La pagina che volevi leggere esiste ed è solo nascosta, ma c'è il rischio che fra poco si sia costretti a cancellarla davvero.
Il Disegno di legge - Norme in materia di intercettazioni telefoniche etc., p. 24, alla lettera a) del comma 29 recita:
«Per i siti informatici, ivi compresi i giornali quotidiani e periodici diffusi per via telematica, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.»
Negli ultimi 10 anni, Wikipedia è entrata a far parte delle abitudini di milioni di utenti della Rete in cerca di un sapere neutrale, gratuito e soprattutto libero. Una nuova e immensa enciclopedia multilingue e gratuita.
Oggi, purtroppo, i pilastri di questo progetto — neutralità, libertà e verificabilità dei suoi contenuti — rischiano di essere fortemente compromessi dal comma 29 del cosiddetto DDL intercettazioni.
Tale proposta di riforma legislativa, che il Parlamento italiano sta discutendo in questi giorni, prevede, tra le altre cose, anche l'obbligo per tutti i siti web di pubblicare, entro 48 ore dalla richiesta e senza alcun commento, una rettifica su qualsiasi contenuto che il richiedente giudichi lesivo della propria immagine.
Purtroppo, la valutazione della "lesività" di detti contenuti non viene rimessa a un Giudice terzo e imparziale, ma unicamente all'opinione del soggetto che si presume danneggiato.
Quindi, in base al comma 29, chiunque si sentirà offeso da un contenuto presente su un blog, su una testata giornalistica on-line e, molto probabilmente, anche qui su Wikipedia, potrà arrogarsi il diritto — indipendentemente dalla veridicità delle informazioni ritenute offensive — di chiedere l'introduzione di una "rettifica", volta a contraddire e smentire detti contenuti, anche a dispetto delle fonti presenti.
In questi anni, gli utenti di Wikipedia (ricordiamo ancora una volta che Wikipedia non ha una redazione) sono sempre stati disponibili a discutere e nel caso a correggere, ove verificato in base a fonti terze, ogni contenuto ritenuto lesivo del buon nome di chicchessia; tutto ciò senza che venissero mai meno le prerogative di neutralità e indipendenza del Progetto. Nei rarissimi casi in cui non è stato possibile trovare una soluzione, l'intera pagina è stata rimossa.
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo
Articolo 27

«Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici.
Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore.»
L'obbligo di pubblicare fra i nostri contenuti le smentite previste dal comma 29, senza poter addirittura entrare nel merito delle stesse e a prescindere da qualsiasi verifica, costituisce per Wikipedia una inaccettabile limitazione della propria libertà e indipendenza: tale limitazione snatura i principi alla base dell'Enciclopedia libera e ne paralizza la modalità orizzontale di accesso e contributo, ponendo di fatto fine alla sua esistenza come l'abbiamo conosciuta fino a oggi.
Sia ben chiaro: nessuno di noi vuole mettere in discussione le tutele poste a salvaguardia della reputazione, dell'onore e dell'immagine di ognuno. Si ricorda, tuttavia, che ogni cittadino italiano è già tutelato in tal senso dall'articolo 595 del codice penale, che punisce il reato di diffamazione.
Con questo comunicato, vogliamo mettere in guardia i lettori dai rischi che discendono dal lasciare all'arbitrio dei singoli la tutela della propria immagine e del proprio decoro invadendo la sfera di legittimi interessi altrui. In tali condizioni, gli utenti della Rete sarebbero indotti a smettere di occuparsi di determinati argomenti o personaggi, anche solo per "non avere problemi".
Vogliamo poter continuare a mantenere un'enciclopedia libera e aperta a tutti. La nostra voce è anche la tua voce: Wikipedia è già neutrale, perché neutralizzarla?
Gli utenti di Wikipedia

martedì 4 ottobre 2011

Frivolezza del giorno - Portraits Robot. Un estratto di Vanvere.


Per questo piccolo estratto, ringrazio sentitamente la gentilezza della Professoressa Longobardi, che mi ha dato accesso a questa parte del suo elegantemente ludibrico libro, Vanvere (ma tanto anche senza collegamento ipertestuale so che sapete già di cosa parlo, vero?).

I Portraits-robots sono un vero e proprio gioco di comitato e mi piace pensare ad una tavola imbandita con intorno un gruppo di amici che alla seconda bottiglia di vino al posto di dire "dai, tira fuori le carte", dica:
"Il Macellaio"
per poi, dagli altri commensali, ricevere a turno come risposta:
Stinco di santo
Polmone d'acciaio
Cuor di leone
...
- Portraits 
Il nostro modello è la galleria di tipi umani fornita nei Portraits-robots, gioco combinatorio proposto da Michèle Métail nell’ambito dell’OuLiPo... Esso offre 50 identikit umani; ognuno assomma nel classico ordine dalla testa ai piedi quasi una panoplia di stereotipi e modi di dire francesi, tradotti o adattati in italiano da Ruggero Campagnoli. La nostra, però, non è stata una traduzione dal modello, ma un ampliamento di quei ritratti, seguito dall’invenzione di nuovi. 
...
Frasi fatte o idiomatiche, metafore d’uso comune o cristallizzate nelle nomenclature delle professioni e nei gerghi dialettali possono dunque trovare una valorizzazione insospettabile nei cosiddetti ritratti alla maniera dell’Arcimboldo. Tutti conoscono i ritratti pittorici a trompe-l’œil di Giuseppe Arcimboldi: l’Ortolano che, rovesciato, si legge come una pignatta colma di ortaggi; il Bibliofilo, cuspide di libri impilati ad arte; l’imperatore Rodolfo ii-Vertunno (dio delle mutazioni). I tipi umani e professionali, in specie, sono identificati «con un’esagerazione caricaturale che ironizza appena [...] su quella che noi chiameremmo la “deformazione professionale”» (Baltrušaitis , 1987, p. 40). Tali ritratti sono l’antecedente e il referente di un gioco verbale e retorico che consiste nel combinare in sistema i tratti anatomici (prosopografia) o caratteriali (etopea) di un tipo umano, grazie a un collage di modi di dire.
Si crea così, appunto, l’effetto-Arcimboldo, che dà l’illusione di dipingere ritratti umani inediti e meravigliosi, assemblando ad arte oggetti della vita quotidiana.
...
Tipi umani completati, ma ancora completabili. Ecco esempi dati da Métail-Campagnoli in forma scorciata (carattere tondo) con sviluppo nostro (corsivo) 
 
l’androide: bacino artificiale, voce metallica, scudo spaziale [...]
l’architetto: testa di palo, mano d’opera, vena porta [...]
il gioielliere: culo di bicchiere, bacino di rame, verga d’oro [...]
il macellaio: occhio di pernice, gota di maiale, lingua di bue [...]
la difficoltà di esistere: testa contro il muro, sangue di Giuda, tallone d’Achille [...]
il pappagallo: occhio indiscreto, sesso forte [...]
lo scrittore: vita romanzata, corpo di lettera [...]
l’egittologo: faccia di Sfinge, naso di Cleopatra [...]
l’inviato di dio: corpo santo, voce celeste, braccio secolare [...]
il falsario: finta pelle [...]
la donna fatale: sesso gentile, piede in fallo [...]
il guardiano dello zoo: voce d’usignolo, dorso di mulo, stomaco di struzzo [...]
il geografo: gola del Furlo, ventre di Parigi [...]
l’eroe antico: testa di Medusa, faccia di bronzo [...]
l’uomo di legge: sedere in giudizio [...]
l’uomo preistorico: ossa fossili, sangue da una pietra [...]
l’ubriaco: corpo di Bacco, dito di vino [...]
l’ortolano: capo d’agli, piede del fungo [...]
il marinaio: coste marittime, scheletro di una nave [...]
il medico: occhio clinico, dito sulla piaga [...]
il falegname: vene del legno [...]
il metallurgico: polso di ferro, nervi d’acciaio [...]
il meteorologo: testa nelle nuvole, pancia all’aria [...]
il militare di carriera: fronte occidentale, onore del mento, piede di guerra [...]
il musicista: timpani, bischero [...]
il pescivendolo: occhio di triglia, vescica natatoria [...]
il professore: borsa di studio, corpo insegnante [...] 
il suicida: faccia da funerale, corpo morto, piede nella tomba [...] 

la difficoltà di esistere 
testa contro il muro
bacino di sprofondamento
culo di sacco
tallone d’Achille
bocca da sfamare
labbro inferiore
obtorto collo
riso amaro
fiato sprecato
spalle al muro
braccio della morte
gomito del tennista
cassa da morto
mani giunte/mani legate
mano manca
pollice verso
coda tra le gambe
uccello del malaugurio
fondo perduto
peli superflui
ginocchio della lavandaia
piede nella fossa
lotte intestine
peso morto
corpo composto
gesto insano
personale non autorizzato
magra figura
parole povere
vita da cani
carne debole
ragione da vendere 
A presto e buona lettura.

Sintesi da: Monica Longobardi, Vanvere. Parodie, giochi letterari, invenzioni di parole. Roma. Carocci, 2011. 
pp. 91-95 (3 esempi) + in Appendice, pp. 219-225 (altri 29 ess.).

domenica 2 ottobre 2011

Marta sui tubi live (30 Settembre 2011)

Per chiudere la mia settimana in bellezza mi son detto: "vediamo quegli sciagurati dei Marta che combinano!" e così, essendo il pensiero prossimo all'azione (per lo meno lo è stato in questo caso), mi son prima fatto accompagnare da Trenitalia a Milano, quindi da lì a Como ci son arrivato in macchina, con mio sommo gaudio.

L'organizzazione perfetta di Auto Rock produzioni (del cui gruppo ho avuto il piacere di conoscere Leo) prevedeva la divisione dell'evento in due parti: una acustica ospitata nel tardo pomeriggio dalla Feltrinelli; l'altra un concerto dal vivo con i cinque componenti al completo sul lago di Como accanto allo splendore maestoso del Tempio Voltiano, giusto per sottolineare quanto ganza fosse la location (detesto usare gli inglesismi), aperta dagli artisti di Parada Par Tücc, la manifestazione di arte e solidarietà che si svolge a Como nei mesi primaverili.


Lo so che vi aspettereste una delle mie recensioni sulla serata, ma non sarei in grado di potermi ripetere per una quarta volta senza risultare superfluo (potete trovare ciò che cercate qui, un'anticchia qui e poi anche qui). 
Però la bellezza della parte acustica è stata tale che davvero non posso esimermi dal parlarne e poi la mia favolosa fotografa, che quando riprende soffre di un "vago" stato di ubriachezza (ma come sempre è più che indispensabile) mi ha rimpinzato di video (alcuni dei quali non li vedrete mai perché sssono i miei tesssssori) il primo, Stitichezza cronica, l'avete già visto quassù, il secondo invece è quello di Post (direttamente dall'album d'esordio del gruppo), canzone che sento particolarmente mia. 


Tutto questo mentre in formazione ridotta (Gulino, Pipitone e Boschi, i soli presenti alla sessione pomeridiana) se la ghignavano rispondendo alle domande del preciso quanto piacevole Alessio Brunialti, giornalista e introduttore di questo preserale feltrinelliano, e a quelle del pubblico come sempre assai numeroso e ridancianamente partecipe.
Ciò che secondo me rende questi ragazzi davvero straordinarii non è solo la loro musica, ma il loro modo di approcciarsi alla musica, al pubblico, all'entusiasmo artistico. E' questo che davvero me li fa amare, che mi spinge a seguirli con tanta insistente ammirazione.
A presto e buon ascolto!

Ps. Se notate la locandina dell'evento presenta una firma in corrispondenza della fotografia, ora, sapendo che la mia fotografa è Aurora Bernardinello, notate qualcosa?
Pps. Che si sappia, l'ho scoperta io!
Ppps. Ma lo sapete che c'è anche il Fans club? Come no? Sapevatelo!

sabato 1 ottobre 2011

Incontro con l'autore - Martín Caparrós (28 Settembre 2011)


Dalla caduta del Muro la destra si è impossessata della parola cambiamento, per sua natura parte del patrimonio culturale di sinistra. Tuttavia la destra non se ne usa, anzi semmai la tiene in ostaggio. Ecco per gli ecololò il cambiamento è un veleno, specialmente se climatico
Martìn Caparròs

Prima settimana libera e via, ritorno pimpante, disponibile e interessato alla città bolognese e alle sue attrattive culturali (benché mi sia durata poco visto che nel fine settimana poi mi son sparato a Milano-Como, ma c'erano i Marta e non ho saputo resistere), così prima tappa di fine settembre zompo alla Modo e vado a sentire che hanno da raccontare. E loro che fanno? Tac! Mi fanno incontrare, grazie ai geniacci della VerdeNero edizioni (che mi stanno sempre più simpatici e che mi hanno pure invitato, nella figura di Michele Monesi, tramite Facebook all'evento) Martìn Caparròs giornalista e narratore argentino impegnato nel suo tour di promozione della sua ultima fatica "Non è un cambio di stagione" edito dalla VerdeNero (appunto), casa editrice che ha fatto della parola eco la sua sigla.
Io arrivo, mi siedo e conosco il sosia di mio suocero con tanto di baffi spioventi, solo che è argentino, si interessa ai problemi della fame del mondo ed è il padre del giornalismo narrativo.

Non è un cambio di stagione, che non si può identificare con il genere saggistico per svariate ragioni, tra cui la scelta narrativa che è quella del racconto, è lo scritto di un viaggio compiuto da Caparròs stesso attraverso realtà molteplici, un modo per porre l'accento su chi è destinato, dagli interessi del mondo occidentale, al silenzio. Il libro nasce da una domanda: “perché porsi con attenzione al problema del riscaldamento globale quando non è il più importante dei problemi?” e attraverso questa domanda, cui la risposta dell'autore non tarda ad arrivare, s'inscena con una leggerezza quasi dissonante rispetto all’importanza della struttura generale, ma nient'affatto da confondere con l'aggettivo grossolano, il reportage di interviste, di riflessioni, di fotografie scrittorie di un viaggio che a tratti sembra ai confini della realtà. 
Quella del libro è la stessa aria che si è respirata nella stanza mansardata della libreria Modo. Ricca dello stesso attrito coinvolgente. Nelle letture, nelle parole che descrivevano genesi e struttura del libro e nelle riflessioni dell’autore sugli atteggiamenti del mondo occidentale nei confronti dell’ecologia, strumento spesso abusato solo per poter sviluppare una forma di conservatorismo avente lo scopo di mantenere un inflessibile status quo, ho ripensato a un vecchissimo monologo che vedeva protagonista uno dei miei preferiti comici americani, George Carlin, alle prese con il medesimo argomento.


L’atteggiamento del libro sarà senza dubbio fonte di infinite e accese discussioni, ma ciò che mi pare davvero interessante è il suo porsi continuamente domande. Nella prosa di Caparròs, come nel suo eloquio (brillantemente altalenato tra argentino e italiano, e coadiuvato dall’abile traduttrice dell’incontro che ringrazio per la guida offerta alla mia ignoranza!) non ci sono certezze dogmatiche, bensì riflessioni sull’utilità che il mondo occidentale (soprattutto nella figura alla ricerca di pubblicità degli ecololò), ricava seguendo determinati bisogni e movimenti culturali.
E quando afferma che tutto sommato l’Ecologia è solo un modo per somministrare la paura suscitata dal tema apocalittico a piccole quotidiane dosi, quando sostiene che il mondo occidentale sembra soffermare la sua propria attenzione sull’urgenza del cambiamento climatico, senza riflettere sulle difficoltà di vita in cui questo obbligo costringe un numero così esteso di essere umani, quando sottolinea come il metodo scientifico venga soppiantato abbastanza sistematicamente in questo contesto da un metodo democratico-statistico, che per sua stessa natura si allontana da un approccio critico, non si può fare a meno di riflettere, né di dubitare, che tutto sommato in troppi casi l’ecologia sembra più vicina a una sorta di neo-capitalismo, che a una panacea o a una salvezza reale.
Uno status quo vantaggioso, ma ancora una volta per gli stessi di sempre.
A presto e buona lettura!
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