Forse non essenzialmente io, ma io

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Bologna (itinerante), Bo, Italy
Nato a Taranto il 6 maggio nel segno del Toro. Il Giallo del collettivo Shingo Tamai, cialtrone poliedrico, dilettante eclettico, onnivoro relazionale, sempre in cerca di piaceri, di vezzi, di spunti e di guerre perse in partenza. L'idea di comparire in questi termini sulla rete è nata da un brainstorming con un amico, Leonardo Chiantini, qualunque fortuna possa avere il suo primo "quaderno di appunti" virtuale, è a lui che vanno i suoi ringraziamenti.
Benvenuti e buona lettura.
Ps. Aggiungetemi su Facebook e, con lo pseudonimo andrelebrogge, su Twitter

venerdì 29 aprile 2011

Incontro con l'autore - Maurizio Matrone (28 aprile 2011)

"Quello che leggerete 
non è nient'altro che un romanzo
un'autentica storia da non credere"


Prima personale apparizione alla sala degli incontri allestita dalla Feltrinelli, chi l'avrebbe detto che si sarebbe trattato di un bunker, non mi ero mai accorto che la sede libraria avesse anche delle scale.
"Bella scheggia" direte voi di fronte al mio far spallucce!
Il pomeriggio di oggi ha visto protagonista Maurizio Matrone e il suo libro Piazza dell'Unità edito dalla Marcos Y Marcos, presentato da un Alberto Sebastiani in una veste molto più istrionica del nostro primo incontro al Modo.

Il libro, che nasce dall'esperienza diretta sulla strada degli anni passati in polizia dall'autore, è ambientato a Bologna e trae il suo titolo dalla famosa piazza della torrita città emiliana,  che nella trama resta il centro focale, snodo dei suoi intrecci amorosi, sociali e interrazziali. Ma se la piazza è il luogo, sono i personaggi a reggere la struttura di questo romanzo che, posato sul grottesco, alterna il suo registro oscillando sapientemente dal drammatico al sardonicamente comico. 
Non è questione di buoni o cattivi, ma comunque i personaggi si dividono in due parti: i protagonisti extracomunitari di seconda generazione, che pur con i loro allucinati giri di vite vorrebbero solo non sentirsi così diversi, come il mondo intorno sembra fargli credere, e le "comparse" italiane (poliziotti, voci cittadine, umarell bolognesi), che non perdono occasione per sciorinare luoghi comuni e bassezze di ogni tipo. Tra questi due gruppi i contatti sono contati (se mi consentite il gioco di parole), e si fondano sulla fisicità o spinta dalla natura sessuale, matrice che regola un po' tutta la trama di quest'opera, o violenta, come quella con i poliziotti; i quali sembrano a loro volta, pur nelle esacerbate dinamiche, gli unici che davvero mostrano una qualche considerazione verso questa dimenticata umanità, non foss'altro per il ruolo contenitivo/punitivo che costantemente ricoprono.

Come ha più volte sottolineato brillantemente l'autore, quello che andrete a leggere è un romanzo spiazzante. E' spiazzante nel registro caustico e insieme troppo coinvolgentemente comico per lasciare seri; è spiazzante per il linguaggio ricercato, senza dare troppo ascolto al politically correct, che non fa sconti a nessuno e men che mai alla città di Bologna; infine è spiazzante per il suo voler riconoscere la diversità come una risorsa, pur raccontandola anche attraverso il pregiudizio.

"... è la mancanza di volontà civile a creare i presupposti che impediscono il cambiamento dello status quo"

Ci sarebbero due modi per poter chiudere questa presentazione: la maniera pessimista, oppure quella ottimista.
Nel primo caso potrei porre l'accento sul fatto che sì, per qualcuno nel finale butta bene, ma chi davvero prova ad alterare lo status quo confrontadocisi con tutto se stesso, non solo non ottiene il cambiamento, ma ci lascia anche le fatidiche penne.
Oppure potrei porre l'accento sulle digressioni narrative, ricchezza di questo già vivace romanzo, e sulla forza esilarantemente disarmante dei due umarell, anime delle letture a due voci interpretate da Sebastiani  e Matrone, che tra un'ossessiva osservazione del quotidiano e un'audace trombata a suon di viagra, trovano una possibilità per migliorare il futuro, o almeno lasciano che sia guardato con un sorriso sornione.

La scelta sia ai lettori, io mi terrò entrambe, spiriti contraddittorii di un romanzo che è un occhio di bue proiettato sulle ombre.
A presto e buona lettura!

giovedì 28 aprile 2011

Shingo Tamai Giallo - Confessioni di un saputo


Fabiola Locatelli




Stamattina, proprio mentre consumavo il mio biscotto nel bicchiere di latte, intendo non il Mio Biscotto, ma quella parodia di evento che mi sforzo a chiamare colazione, ho letto a tutta pagina:
“Il Paradiso è esistito davvero”.
Probabilmente se l’avessi trovato scritto su un giornale di carta non ci avrei badato più di tanto, invece l’averlo potuto leggere sullo schermo di un computer ne ha modificato la mia attenzione. Soprattutto in questo senso mi hanno spinto i commenti che ho letto. Questi oscillavano dal patetismo al misticismo, passando per l’ironia e il sarcasmo. Non capisco, come si faccia a parlare con tutta questa noncuranza di cose che per la loro natura così sdrucciolevole, ma che parole mi vengono in mente, davvero portentoso; dicevo, per la loro natura così sdrucciolevole son da considerarsi molto complesse da trattare.

Comunque è vero, il Paradiso è esistito davvero.  
Io so di che parlo.
Non per mia esperienza personale si capisce, chi pensate che io sia, lo scemo del villaggio globale?
Se vi dico che so di che parlo è perché possiedo una fonte senza pari a riguardo.

Vi state umettando le labbra già per l’acquolina, vero?
Come no, io al posto vostro di fronte a un aneddoto così ghiotto lo farei.
Beh comunque io lo so da mio cugino. Sì, è inutile che fate quelle facce, da mio cugino Vincenzo.
Mio cugino una volta è morto ed è finito in paradiso.

Una sera di fine giugno ce lo spedì per direttissima un frontale con una BMV nera. Praticamente immaginate un ragazzo di sedici anni con indosso il casco. Sì in effetti avete ragione è difficile immaginarsi un sedicenne col casco. O per lo meno lo era in quegli anni.
Comunque immaginatevelo sulla sua motoretta, un cinquantino, fresco di promozione scolastica, che si impatta durante un sorpasso azzardato contro una macchina; 60 km/h di motorino che si incontrano con gli 80 km/h, timidamente frenati, di una macchina sportiva di stazza.

Buona lettura!

mercoledì 27 aprile 2011

Soundmagazine.it - Manziluna - Manziluna


Manziluna è il primo disco, pubblicato dall’etichetta palermitana indipendente Fitzcarraldo Records, dell’omonimo progetto musicale di quattro artisti siciliani (Calogero Genco, sassofono alto e soprano; Fabrizio Brusca, chitarra; Leonardo Grimaudo, chitarra; Carmelo Graceffa, batteria e percussioni) che hanno come obiettivo quello di esplorare non solo gli effetti melodici delle fusioni tra generi distanti come, ad esempio, jazz e musiche mediorientali con aggiunte elettroniche, ma anche quello di ricercare una sintesi tra i suoni tradizionali siciliani e quelli contemporanei.

L’esperimento ultimo, tutto da gustare, trova già nel suo titolo “Manziluna”, che in arabo significa “Nostra Casa”, un suo significato; perché prima di poter deliziare i vostri sensi con le ricchissime trovate musicali, la profondità acustica vi farà sentire davvero come se attraversaste una Sicilia abbandonando la strada e le città in favore della riarsa campagna. Attraverso gli arabeggianti accordi vi sentirete come a respirare ogni palmo di sabbia e sole della Trinacria, accompagnati da una timbrica complessa ma ipnotizzante nelle sue “improvvisazioni”.

Risulterà ammaliante, infatti, questa fusion jazzistica-tradizionale e quando a seguito del ritmo arpeggiato di Vento e fuoco, l’ultima traccia, vi sveglierete dall'incantesimo, avrete due piacevolezze: la prima è che potrete raccontare ciò che avrete vissuto con la certezza di ricordare ogni cosa; la seconda è che non correrete il rischio di non poterla rivivere.
Buon ascolto!

Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l’opportunità.

sabato 23 aprile 2011

Guerrilla Spam (non) Esiste

SPAM nasce per contrastare il potere massiccio 
della comunicazione mediatica di disinformazione.
SPAM agisce in modo diretto nelle strade, nelle vie,
nei palazzi, nei muri, in modo non invasivo,
non imbrattando, rispettando la città come luogo di tutti.
SPAM agisce in modo libero, autonomo, incensurato,
e il suo unico scopo è comunicare con le persone,
riappropriandole della loro libertà di pensiero ed espressione.
Manifesto Spam
Normalmente non mi occupo mai su Lettere e Giorni di simili argomenti; infatti per vari motivi che non sto qui a spiegare per non ammorbarvi, ho deciso che non fosse questo il posto giusto in cui parlare di ciò che penso a livello politico o sociale, benché certo sia facile (o relativamente facile) riuscire a leggere i concetti che esprimo attraverso aforismi e recensioni varie. 
Diciamo però che in quanto unico autore di queste pagine mi prendo svariati lussi, tra i quali quello di contravvenire alle mie stesse regole. 

Il progetto SPAM nasce a Firenze nel 2010 (anche se da qualche mese comincia a spingersi ben oltre il territorio fiorentino, accarezzando un po' tutto il Chianti), a opera di un gruppo di non ben precisati elementi (e per anagrafica e per numero) con l'unico intento di rendere provocatoriamente consapevoli gli avventori della disinformazione in cui latitano e dell'avvilente società in cui stanno vivendo. 
Le creature di SPAM sono svuotate del contenuto biologico divenendo meri Frankenstein, così  ad esempio gli esseri umani sono provvisti di un apparato riproduttivo che simula le prese di corrente e sono sovraccarichi di antenne che possano far funzionare la loro testa, un grosso televisore.
Non posso far altro che approvare un simile uso dell'arte, convenendo che il ruolo dell'artista o dell'intellettuale sia quello di condire la realtà in cui vive con la sua visione, si spera più spessa, prima ancora di parlare dei contenuti creativi attraverso i quali deciderà di esprimersi.


Può darsi anche che non sia questo il modo per cambiare la realtà, ma certo è uno dei modi per provare a osservarla con uno sguardo meno distratto, diffondendo questa diversa attenzione ed eventualmente anche un sorriso. Amaro.
Sia gloria a Spam e buona lettura.

giovedì 21 aprile 2011

Incontro con l'autore - Alex Boschetti (20 aprile 2011)

"Signori non ho parole, siamo 
di fronte all'impresa più criminale
che sia mai avvenuta in Italia"
Sandro Pertini

Nuovo appuntamento al Dans la rue, anche questa volta grazie alla casa editrice Becco Giallo. La presentazione appena tracorsa vedeva protagonista infatti,  Alex Boschetti, autore del romanzo a fumetti La strage di Bologna pubblicato quattro anni or sono dalla casa editrice padovana. Sono nella sala del locale bolognese e mentre scrivo questo preludio, cosa che faccio molto spesso in attesa di poter appuntare i salienti di un incontro, Lindo Ferretti e i suoi C.C.C.P. mi domandano con la loro "Io sto bene" se è una questione di qualità o è una formalità, sottintendendo il mio essere lì forse, o forse chissà cos'altro.

Non era presente il giusto numero di persone che mi sarei aspettato visto l'argomento del libro, ma va comunque specificato che quattro anni editoriali sono moltissimi, senza dubbio tali da motivare la relativamente bassa affluenza all'incontro.
L'intervento si è aperto sottolineando come senza le dovute collaborazioni, sarebbe stato oltremodo complesso, forse impossibile, per i due giovani autori Boschetti e Ciammiti venire a capo dell'intricata documentazione riguardante la Strage, a quest'introduzione hanno fatto seguito i ringraziamenti a Paolo Bolognesi (presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage di Bologna), ai familiari delle vittime e a Carlo Lucarelli. Quindi uno speciale ringraziamento all'illustratrice Ciammiti per la cura eccezionale del suo lavoro, complemento essenziale di questo progetto saggistico-narrativo.


Ha specificato l'autore che questo libro, che si serve delle fonti per documentare la matrice storica, arrivando poi nel vivo della narrativa attraverso le parole di chi c'era, "nasce come una scommessa, in cui la Becco Giallo mi ha sempre sostenuto e spinto, a fronte di tutti i delegittimanti depistaggi che per anni hanno sfavorito, quando non minato, la qualità delle indagini giudiziarie ufficiali e dalla mia personale documentazione".
Il 2 agosto 1980 una bomba, armata da alcuni membri dei Nuclei Armati Rivoluzionari fascisti, conflagra nella stazione di Bologna centrale, ammazzando 85 esseri umani e ferendone altri 200.
"Questa strage come sottolinea, anche se purtroppo con non abbastanza evidenza, la condanna in Cassazione per depistaggio a Licio Gelli (G.M della Loggia P2), Francesco Pazienza, Pietro Musumeci e Giuseppe Belmonte (Ufficiali del Sismi) è una strage di Stato annunciata". 
Ricordando i fatti, Boschetti, ha anche evidenziato il suo rammarico per la mancanza di mandanti e movente accertati, questo nonostante i 5 gradi di giudizio e nonostante le condanne a Fioravanti e Mambro, attualmente non più in carcere per il loro legame con l'associazione "Nessuno tocchi Caino". 

Ma non c'è solo la Strage. In questo incontro si arriva a toccare il presente, con i ragazzi dei licei bolognesi che in fin troppi casi danno la colpa di quell'ordigno alle Br e con questa realtà distorta in cui sembriamo navigare semi-imbambolati, quasi a contrapporre lo sdegno corale e vitale che l'intera città di Bologna gridò allora.

Quando termina la presentazione, che mi ha lasciato anche la possibilità di avere brevissime chiacchiere con l'appassionato Boschetti, la mente torna sempre a ripensare allo stato di confusione, quello in cui l'Italia sembra sempre trovarsi a suo agio, salvo poi profondersi in ipocrisie del caso: "Se solo avessimo saputo prima. Come ci dispiace". 

Che razza di cittadini siamo (se non addirittura quale specie di uomini)?
Perché siamo tanto irresponsabili da dimenticare di punire così gravi irresponsabilità; così irresponsabili da dimenticare di ricordare quanto importante sia la ricerca di verità e l'obbligo di ottenerla?
Se c'è un inferno, mi auguro che accolga tutti questi credenti dalla menzogna sempre in punta di lingua e dagli occhi chiusi; per mia parte, da non credente, aprirli ogni giorno è già viverci.
A presto e buona lettura.

martedì 19 aprile 2011

Frivolezza del giorno - in izio. Ovvero: Ode a Tremonti


In un giorno natalizio
camminavo a Busto Arsizio,
ero a fare un mio servizio
e alloggiavo in un ospizio.
M'aggiravo un po' a novizio,
ma il mio essere avventizio
non pareva redditizio.
Mi accostai a un frontespizio,
del più "Libero" Maurizio,
che parlava di un comizio 
del Tremonti satellizio: 
<<... Non sia più d'Italia il vizio
lamentav nel mio ovifizio
che trovave un vitalizio 
nel lavovo sia un supplizio! >>
Così disse 'sto patrizio.

Che il tuo uccello per sevizio
caschi giù in un precipizio.
Che il prepuzio di quel tizio
dei Siffredi gentilizio
abbia presto un sodalizio
col tuo foro men fittizio
e che all'ano sia l'inizio
perché v'entri ogni fattizio.
Questo ti auguro propizio!

lunedì 18 aprile 2011

Andrea Camilleri & Carlo Lucarelli - Acqua in bocca

Titolo originale:
Autore:
Anno 2010
Edizione: Minimum fax
Pagine: 108


Due ore, forse appena meno, mi son bastate per leggere questo brevissimo libro cui sarebbe meglio dare il nome di racconto. E' la prima volta che mi capita di leggere un crossover noir, qui infatti si incontrano, con l'intento di venire a capo di un giallo, l'ispettrice lucarelliana Grazia Nigro (vi dice niente Almost Blue?) e Salvo Montalbano (che non credo abbia bisogno di presentazioni).
La collaborazione è innescata da un ritrovamento
a Bologna di una vittima. Uomo, un sacchetto di plastica posto intorno alla sua testa, completamente vestito eccetto che per la mancanza di una scarpa, sul pavimento, accanto al suo corpo esanime, tre pesciolini rossi.
L'ispettrice, incaricata di vederci chiaro, scopre immediatamente che il morto è originario di Vigata, da qui il contatto con l'ispettore siculo e l'inizio epistolare che diventa sempre più ricco di fascicoli, mail, pizzini, lettere anonime, fino a ritornare epistolare nel finale.


La matrice gialla del romanzo con l'aggiunta di brevi spunti da spy-story non è niente affatto male, del resto le penne di Lucarelli e Camilleri sono leggere e godibili, ma secondo me sono anche più liquidanti del dovuto. Mi spiego, sembra come se il libro, che ha comunque una sua propria cadenza, di colpo acceleri a tal punto da sacrificare proprio il finale, abbassando qualitativamente, e del resto come potrebbe essere altrimenti, tutto il resto. Acqua in bocca non è un cattivo romanzo e forse, a voler non essere troppo maliziosi, nemmeno una trovata pop-pubblicitaria (voglio augurarmi che né Camilleri, né Lucarelli abbiano bisogno di simili dissenterie moderne), tuttavia però, in questa loro evidente partita a scacchi scrittoria, non posso riconoscergli la brillantezza jazzistica che gli viene attribuita da Daniele di Gennaro nelle note finali. 

Le pagine di questo scritto sono un intermezzo rapido senza troppe pretese, e, semmai deve esserci qualche accostamento al palcoscenico, non è da ricercare nell'improvvisazione di due portentosi musicisti, ma nella loro precedente prova degli strumenti, comunque godibile senza dubbio, ma non molto più che questo.
Buona lettura.

Ps. Sul finale scoprirete la breve apparizione di un ospite speciale. Ma saprete di chi parlo solo leggendolo.
Pps. Spero solo che non ne facciano un film, potrei ricredermi sulla trovata pubblicitaria...

giovedì 14 aprile 2011

Alejandro Jodorowsky & Moebius - L'Incal

Titolo originale: L'Incal
Autore:
Anno 2008
Edizione: Alta fedeltà Edizioni BD
Pagine: 310

Benvenute e benvenuti alla rubrica "Le ricette libridinose di zio Andrea".
Per il piatto di oggi prendete:

- un bel pugno di universo fantascientifico
- qualche goccia di tecnocrazia
- due gocce di totalitarismi
- stregonerie q.b.
- qualche alieno
- un uccello parlante

- un gruppo di personaggi tipico: la donna potente, il guerriero imbattibile, il bambino/dio, la bestia, la sacerdotessa, il protagonista predestinato e minorato che s'innamorerà, inizialmente non ricambiato, di una delle donne del gruppo
- un oggetto di 
incredibilepoterechenemmenodiosacomeèstatocreatotantoèpotentechepotrebbecacarefulminidaunmomentoall'altrosesolononofossecosìfilantropicamentedotato
- una storia gradevole, ma tutto sommato scontata
- i disegni di Moebius
- cattivi sempre più cattivi che verranno eliminati sempre più facilmente grazie all'intromissione di fattori sempre più esterni q.b.

Ora disponete l'inizio della storia con il tipico protagonista minorato (John Difool detective privato, così privato, che l'unica cosa che gli è rimasta è la nomea di detective di infimo livello) che sa bene il motivo per cui è da quando si è svegliato al mattino che riceve schiaffi da tutti quelli che incontra, ma è troppo predestinato per pensare che in fondo non è compito suo salvare il mondo, anzi tutti i mondi esistenti.
Scena topica in cui il protagonista è così in difficoltà nella scelta da aver bisogno dell'intervento di un dio

Dopo aver fatto questo, cominciate a mescolare gli ingredienti in modo da lasciarli amalgamare così bene, da darvi quasi l'impressione che la storia non sia lineare: costruite qualche andata e ritorno; disseminate di marzulliani dubbi filosofici e insulsi battibecchi emotivi il percorso (non tutti i battibecchi emotivi sono insulsi, siate attenti a sceglierli con cura); lasciate che le situazioni tra misticismo e avventura siano così aggrovigliate, da impedirvi di capire come sbrogliarle, se non, ogni dannatissima volta, mediante l'uso di una creatura dotata di poteri talmente vicini al divino da rendere un drittone (dicasi drittone una strada talmente rettilinea da far invidia a un righello) anche la più dinoccolata delle vie.

Se avrete fatto tutto questo e se il risultato finale sarà una storia dai contorni pop, intrisa di luoghi comuni e buonismo, avrete appena prodotto l'Incal. Un'opera assolutamente scorrevole quanto fantascientificamente banale che si regge, per quel che può riguardare il mio giudizio, solo grazie allo straordinario lavoro di illustrazione di Moebius e a qualche sporadico sprazzo di una sceneggiatura fatta per essere facilmente venduta, ma curata come un'ortica.

Ogni volta che sto per "spezzare le gambe" a qualche lavoro artistico, vengo sempre preso dai rimorsi e, per svariate ragioni, mi trattengo dal farlo apertamente, per rispetto al difficilissimo lavoro di creatore d'arte, cercando motivi per non soffermarmi solo sulle caratteristiche negative. Questo romanzo grafico però mi era stato presentato in una maniera tale da lasciarmi voracemente incuriosito e leggerlo mi ha deluso profondamente, per cui non mi sento di poter fare altrimenti, anche per ridimensionare meriti che non ha per niente.

Spero di poter essere in errore, chiunque abbia da dire il suo punto di vista mi aggiorni, per intanto, buona lettura.

lunedì 11 aprile 2011

Incontro con l'autore - Francesco Barilli (11 aprile 2011)

"... la porta della storia è una Porta Stretta
infilarsi dentro costa una spaventosa fatica 

c'è chi rinuncia e dà in giro il culo

e chi non ci rinuncia, ma male, 
e tiri fuori il cric dal portabagagli, 
e chi vuole entrarci a tutti i costi,
a gomitate, ma con dignità; 
ma son tutti là, davanti a quella Porta"
Pier Paolo Pasolini - Patmos

Ogni volta che vado al Dans la rue, mi sembra quasi di entrare in un tipico locale da combattimenti clandestini e non so mai se è per l'aria anarchica da centro sociale, indipendente, attivo e accogliente di cui è carico o se è il suo nome così somigliante alla famosa marca Boxeur de rues (dall'ovvio significato) a ispirarmi in tal senso. A ogni modo è nei suoi locali che nella serata appena trascorsa, Francesco Barilli ha presentato Piazza Fontana, graphic novel realizzata a quattro mani da Barilli (sceneggiatore) e Matteo Fenoglio (illustratore) ed edita dalla Becco giallo. 


L'appuntamento si inseriva in un contesto successivo alla grande manifestazione bolognese di BilBolBul, con l'intenzione da parte del Dans la Rue di mettere in luce come anche attraverso il fumetto sia possibile perpetrare la memoria, anzi proprio grazie ad esso consentire una  diffusione più ampia di tematiche e fatti storicamente notevoli. Fumetto quindi con valenza didattica, non semplice intrattenimento.
E che la strada sia questa si comprende già dalle prime battute dell'incontro. 
Si parla di Piazza Fontana, cioè di quel che accadde a Milano in quel lontano, ma agghiacciantemente attuale, 12 dicembre 1969, non come spesso è stato detto accadimento "spiacevole" di un piano mal riuscito, ma come disegno  politico vero e proprio che trova in questa strage la cuspide di un iceberg, molto più grande. Accadimento che  in 38 anni, fino all'ultima sentenza del 2005, a causa soprattutto dei depistaggi e delle macchinazioni si è conclusa senza la possibilità di emettere una condanna definitiva; e relativamente a poco servono le nuove prove, attraverso le quali si avrebbero le condanne degli esponenti d'Ordine Nuovo: Franco Freda e Giovanni Ventura.

Ma si parla anche del Convegno del Pollio tenuto nel 1965 all'Hotel Parco dei principi di Roma da personaggi legati al mondo anti-comunista e fascista, e della pianificazione lì composta della strategia della tensione e degli opposti estremismi (espressione, quest'ultima, infine adoperata con lo scopo di etichettare le violenze commesse dall'estrema destra ed estrema sinistra
avvicinando ad un centrismo democristiano l'intera società), e si parla d'Italia e di disegni politici culminanti nel Piano di rinascita studiato e ordito dalla P2 di Licio Gelli. E come sempre in questi maledetti eventi, di vittime, mai abbastanza ripagate per il sangue versato, mai abbastanza rispettate.

Una delle domande più interessanti della serata chiedeva se ci potrà mai essere una riconciliazione tra successori delle vittime e colpevoli. Ebbene come potrebbe esserci riconciliazione quando i colpevoli di allora, occupano a tal punto posizioni nel tessuto sociale, da non aver subito alcuna variazione negativa nella loro vita dal compimento di misfatti di tale portata? Finché non ci sarà verità, ammissione di colpa, non ci potrà essere alcuna riconciliazione.

In effetti tutto si sostanzia nella trisillabica parola verità. Breve e dall'eco devastante. Alla fine infatti ogni volta che lo Stato manca come in questo caso la possibilità, quando non addirittura la volontà, di far chiarezza, non perde solo lui, perché in quanto suoi cittadini perdiamo tutti. E ascoltare, per bocca di Barilli, le parole della moglie dell'anarchico Pinelli, che fu additato colpevole e
"distrattamente cadde giù dalla finestra" della questura di Milano,  ma che nulla centrò con quella depravata azione neofascista in Piazza Fontana, dicevo, sentire questa frase: "Avere giustizia è che tutti sappiano la verità", in questa Italia così vigliaccamente galleggiante su questo mare di bugie, in cui gli Anni di piombo non ne sono che una parte,  dovrebbe far venir voglia, per questa connivenza subdola e passiva, di sputarsi in faccia ogni volta che ci si guarda allo specchio.
A presto e buona lettura.



Tre ipotesi sulla morte di Giuseppe Pinelli di gisa71

venerdì 8 aprile 2011

Nichilismo del giorno

"Quando ti guardi allo specchio sputati, lui sa il perché"

Soundmagazine.it - Jackie-O’s Farm - Sandland

Il secondo lavoro dei The Jackie-O’s Farm, Sandland, "etichettato" dalla Tannen Records a distanza di un anno dal debutto "Hard Times for Blonde Surfers!", non è soltanto un disco dall'anima pop, ma una vera e propria contaminazione musicale passante per il pop britannico, il country, il funky e il rock, estremamente orecchiabile. I giri di chitarra della band livornese, infatti, incoraggeranno i vostri entusiasmi con le loro trovate musicali, i loro testi e la loro melodia, dall'apertura esplosiva di Coffee and cover, fino alla lunghissima, malinconica, parte strumentale di The Unknown.
Sandland, grazie anche all'intervento in fase di produzione artistica di Alessandro Sportelli e il mastering di Nicola Fantozzi, delinea un album non solo più accattivante, rispetto al primo,  ma anche, anzi soprattutto, più preciso nel delineare il carattere di una band assolutamente capace dal punto di vista artistico.

Tuttavia, mi trovo costretto a separare il mio giudizio dalla mia visione critica, cosa che devo ammettere non mi accade spessissimo. Difatti, benché non abbia, né trovi nulla in particolare da obiettare ai Jackies, l'album non mi ha colpito. Ne vedo la bravura musicale, ma questo tipo di pop così orecchiabile e così già ascoltato è qualcosa che non riesce più ad arrivarmi, né a convincermi.
Non sto suggerendo di non comprare il loro album, bensì di chiederne un assaggio prima, forse ad un orecchio meno stuccato del mio, la loro qualità artistica apparirà con la giusta brillantezza.
Buon ascolto.

Ps. Ringrazio Valentina e Soundmagazine per l’opportunità.

giovedì 7 aprile 2011

mercoledì 6 aprile 2011

Friedrich Durrenmatt - Il giudice e il suo boia

Titolo originale: Der richter und sein henker
Autore:
Anno 1990
Edizione: Universale Economica Feltrinelli
Pagine: 109 

"... E' sempre una cosa affascinante imbattersi in un concetto trasformato in realtà ..."
Ecco qua, sono un treno a leggere, poi arriva  Durrenmatt e con un libercolo di poco più che 100 pagine mi imbolsisce come un bambinetto cicciotto di fronte alla ginnastica. Va bene lo ammetto, lui e internet, ma la colpa principale è sua. E' la mia bestia nera di lettore. E non so nemmeno spiegare il perché, visto che non possiede una penna tanto odiosa da impedirmene la lettura. 
Il giudice e il suo boia è un poliziesco, è ambientato in Svizzera e se presterete il "giusto orecchio", non solo alla cadenza del testo, ma all'immaginazione che vi si profilerà interiormente mentre leggete, quasi quasi lo vedrete anche voi Barlach (il protagonista del romanzo) come l'ispettore Derrick. Se continua così, finisce che la butto sul ridere.
Ritorno serio.
 
In effetti visto che l'indagine nei suoi dialoghi e nelle sue dinamiche occupa praticamente l'intera opera, il genere del poliziesco, più che del giallo, comprende più globalmente la struttura di questo lavoro, svelante attraverso la scrittura i tratti propri del pensiero di Durrenmatt; essa difatti finisce per oltrepassare talmente tanto il tessuto del romanzo, da insinuarsi come il più profondo degli sguardi all'interno della natura umana. 

"Volevo provare che fosse possibile commettere un crimine impossibile da risolvere"

E' attraverso una sfida che si dipana la trama, anzi sfida è la parola per eccellenza che spinge all'azione tutti i personaggi principali del libro (Barlach, Schmied, Tschanz e Gastmann), i quali tuttavia, in un modo o in un altro, pur confrontandosi con spirito agonistico, finiscono tutti sconfitti.
Vorrei suggerirvi di non comprarlo, ma sarei fraudolento; infatti a me Durrenmatt, evidentemente non piace, ma da qui a dirvi di non leggerlo ne passa.
Buona lettura.

lunedì 4 aprile 2011

Incontro con l'autore - Franco Maresco (3 aprile 2011)

"C'è da chiedersi che tipo di catechismo abbiano fatto Ciprì e Maresco"
Padre Sorgi


Il tardo pomeriggio della prima domenica di Aprile e un Modo Infoshop gremito di pubblico han dato il benvenuto a Franco Maresco, la mente che insieme a Daniele Ciprì perforò il trash, relativamente grossolano degli anni '80 (pur nel suo essere di culto), per rappresentare una realtà completamente differente, tutta al maschile, grottesca, cruda, surreale, quella di Cinico tv. Ad accompagnare Maresco nella presentazione del suo Cinico tv, volume primo 1989 - 1992 (libro più dvd) c'erano: Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna, Paola Cristalli curatrice della parte cartacea del volume e Maurizio Bassi, collaboratore di Maresco e montatore video.

Il Volume, dedicato a Francesco Tirone, attore, ciclista e visionario e a Mario Monicelli (quel Mario Monicelli!), si presenta come una di quelle perle da non perdere, anzi forse di cui si è perso già troppo, visto lo stato di malcelato oscurantismo che non solo l'opera, ma i suoi stessi autori continuamente sembrano subire. Cinico tv, di cui si son potute vedere alcune parti proprio durante la presentazione, ha sempre vissuto dividendosi tra due interpretazioni che a mio parere gli calzano a pennello: da un lato chi paragonava le scelte stilistico-espressive, uso del bianco e nero, di una fotografia suggestiva e  di personaggi presi dalla strada in primis, a quelle di Pasolini; dall'altra chi ne ha letto una nevrosi clinica, surrealista, visionaria, accompagnata da musiche jazz delle origini per trarre con ancor più forza l'espressività dissacrante.
Quale che sia la realtà artistica discussa dai tecnici, quel che non può non colpire è la sua essenza post, post-nucleare, post-moderna, distante anni luce da qualunque presente.
La serata è stata un'occasione non solo per poter gustare quei primi anni di quell'esperienza cinematografico-artistica, proposta eccellentemente e in varie occasioni dal Blob di Enrico Ghezzi, ma anche per mettere più a nudo, grazie agli interventi puntuali e ricercati di Farinelli e della Cristalli, un Maresco artista e regista, caustico nei confronti della società di questi anni, così appiattita: "Questa era l'alba della merda in cui viviamo".
Ed è la visionarietà artistica di Cinico tv, che attraverso un primo video, protagonista Tirone, ha aperto e ha fatto da padrona a tutta la serata trascorsa.  


Parlare di presentazione in questo caso, è forse riduttivo, perché si è trattato di un vero e proprio evento e questo non solo per la presenza nei piccoli e accoglienti locali del Modo di un regista eccezionale, dall'umanità così palpabile in grado d'intenerire e coinvolgere senza riserve, ma anche per la ri-diffusione, finalmente, di un'opera artistica sensazionale, il cui lato grottesco è solo il più evidente e forse esilarante contenuto.
Al termine della presentazione la sorpresa preparata dal collettivo musicale della Banda Roncati  è stata la chiusura perfetta di un perfetto pomeriggio primaverile, comico, nostalgico, malinconico e imperdibile.
A presto, buona lettura e buona visione.

Ps. Franco, perdonami lo stacchetto intero di Tirone, è troppo bello perché venga tolto.
Pps. L'ultimo strale è polemico. Dove sono le eccellenze del mondo artistico bolognese, quando eccellenze, anche fin troppo censurate, del campo artistico italiano fanno capolino in quel di Bologna? Com'è possibile, ad esempio, che ieri eccetto Fattori, non ci fosse nessun altro scrittore?
Ai posteri i bla bla bla.
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