Forse non essenzialmente io, ma io

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Bologna (itinerante), Bo, Italy
Nato a Taranto il 6 maggio nel segno del Toro. Il Giallo del collettivo Shingo Tamai, cialtrone poliedrico, dilettante eclettico, onnivoro relazionale, sempre in cerca di piaceri, di vezzi, di spunti e di guerre perse in partenza. L'idea di comparire in questi termini sulla rete è nata da un brainstorming con un amico, Leonardo Chiantini, qualunque fortuna possa avere il suo primo "quaderno di appunti" virtuale, è a lui che vanno i suoi ringraziamenti.
Benvenuti e buona lettura.
Ps. Aggiungetemi su Facebook e, con lo pseudonimo andrelebrogge, su Twitter

sabato 27 febbraio 2010

Aforisma del giorno

"Ed è quell'adorante vuoto ad occhi chiusi, come sospesi in una densa realtà di nera pece, che, del primo bacio, amo"

martedì 16 febbraio 2010

Aforisma del giorno

"I puntini di sospensione sono propri di un cervello pensante, nell'atto stesso del pensare.
I punti sono invece l'affermazione ultima e precisa di un pensiero.
Gli uni senza gli altri non avrebbero rispettivamente, motivo di esistere, perchè il pensiero vacuo e ridondante cessa della sua utilità, o reale valore, perchè il pensiero fisso senza un'accurata puntinizzazione, cessa la sua valenza viaggiante, diventando mero dogma"

venerdì 12 febbraio 2010

lunedì 8 febbraio 2010

sabato 6 febbraio 2010

Oscar Wilde - Il ritratto di Dorian Gray

Titolo originale: The picture of Dorian Gray
Autore: Oscar Wilde
Anno 1991
Edizione: I Classici Universale Economica Feltrinelli
Pagine: 261

Dato che il prefatore è il sig. Busi, comincio con l'elogiare lui, complimentandomi per lo spirito sagace con cui apre queste voluttuose e un pò depravate (almeno nell'innalzamento smodato dei costumi dediti al piacere) pagine.

E' impossibile non conoscere questo libro, ciò che rappresenta nel mondo della letteratura o cosa ne resta (potrei dire ahilui) nel vivido ricordo dei suoi lettori. Quel che non sapevo, invece prima di leggerlo, è che la maggior parte degli aforismi di Wilde son estrapolati da questo testo. Il quale testo, è senza dubbio la più degna conclusione della mia personalissima trilogia del doppio, in cui Il Visconte dimezzato di Calvino e Il dottor Jekyll e Mr. Hyde di Stevenson sono stati predecessori.

Trovo inutile soffermarmi realmente sulla trama, o operare una critica, soprattutto per il fatto che il palinsesto librario è zeppo di simili digressioni, certamente più preparate di quanto possa essere io sull'argomento. Lascerò tuttavia un appunto per tutti i futuri lettori.
Per leggere Wilde e soprattutto questo suo libro, che con naturale scorrevolezza tratteggia i caratteri del Dandysmo (per più accurate voglie di conoscenza rivolgersi al De profundis), bisogna aver l'intelligenza di capire i motivi che lo sorreggono, le riflessioni che lo plasmano e il quadro sociale che lo genera. Senza questo approccio, senza questa attenzione, il ritratto di Dorian Gray, apparirà un libro dal pensiero giovane (figo lo chiamerebbero banalizzandolo i giovani lettori moderni) e occulterà al lettore non solo i suoi angoli bui, ma anche il suo brillante nucleo.

Buona lettura.

giovedì 4 febbraio 2010

Pensieri liberi successivi a "Ma gli androidi sognano pecore elettriche?"

Titolo originale: Do androids dream to the electric sheep?
Autore: Philip Kindred Dick
Anno 1968 (pubblicato in Italia)
Edizione: Fanucci Editore (cartonato)
Pagine: 238

Diamo per scontato.
Tutto il giorno, tutti i giorni, non passa un momento che non accada. Lo facciamo nel lavoro, lo facciamo nell'amore, lo facciamo ogni qualvolta pensiamo, senza troppa attenzione, al benessere in cui viviamo e, tragicamente, lo facciamo anche quando pensiamo alla vita ed alla crudeltà (quale?) della morte.


Ciechi, limitati ed assurdamente illusi dal nostro bugiardo sentirci.
Piccole mammolette che non hanno altro appiglio se non le certezze, quelle che ci disegniamo anche quando ci raccontiamo "guarda ti sbagli, io non do nulla per scontato".
Ben detto figlio di puttana, perchè se è questa la migliore delle tue risposte sei un doppio fallito, il primo perchè dici di non illuderti, il secondo perchè lo fai.
Bang! Sei morto.


Buona lettura.

lunedì 1 febbraio 2010

William Seward Burroughs - Il pasto nudo

Titolo originale: Naked lunch
Autore: William Seward Burroughs
Anno 1959
Edizione: Gli Adelphi
Pagine: 272

Potrei cominciare, nel parlare di questo libro, citando l'omonimo film di Cronenberg del 1991 e chissà quali altri tra autori, artisti e musicisti, si siano ispirati alla sua opera. L'unico problema è che la mia conoscenza, si ferma esattamente con la consapevolezza della loro esistenza, senza coincidere con la conoscenza dei loro rispettivi prodotti "surrogati".
Detto questo, il Pasto nudo è un viaggio. Innanzi tutto nei meandri profondi e tutto sommato non troppo conosciuti dell'omosessualità, ma naturalmente non solo.
E' piuttosto complesso stare al passo con la convulsa, frammentata, narrazione di questo libro. Trovo, però, che il viaggio identifichi eccellentemente l'opera finita per due essenziali ragioni: la prima è il fondamento stesso della trama, un fluire di pensieri, anzi meglio un insieme di istantanee fotografiche, legate solo dal fluire limpido (meglio metterlo tra virgolette) dei pensieri; la seconda è che la scena spaziale è talmente ampia, che solo la parola "viaggio" è in grado di comprenderla e spiegarla totalmente.

Quel che fa Borroughs, è raccontare senza schemi, nè coerenza o reale fluidità narrativa, una storia di una mente allucinata, stordita, da varie sostanze psicotrope (di cui un elenco viene fornito, con tanto di catalogazione narrativa dell'autore, a fine libro), e delineare, attraverso essa, le immagini brevi e pittoresche, che compongono il suo alterato stato intellettivo.

Un lavoro, questo, privo di morale e di qualunque moralismo di sorta, pulsante d'ingegno e patologica, depravata, visionaria, creatività.
Buona lettura.
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